Milano

Ho un sacco di cose che mi passano per la testa, e so già che riuscirò solo in parte a scriverle. Sono le 6.30 del mattino e sono già in treno per un viaggio di lavoro inutile. Inutile per il lavoro ed inutile per me. Almeno questa è l’aspettativa.

La prima da cosa da fare è dare un titolo a questo post. Il titolo, forse anzi, sicuramente l’elemento più importante di tutto il racconto. Sintesi estrema dei nostri pensieri e dal quale dipende l’effetto del nostro pensiero. Se il titolo è ”buono” il testo sarà letto da più persone, trasferisce le sensazioni, orienta lo stato d’animo. Ho già in mente un titolo, ma deciderò se usarlo o meno solo alla fine.

Sono uscito di casa pochi minuti dopo le 6, con la certezza che tutto sarebbe andato come per ogni altro viaggio per Milano. Alla fermata dell’autobus avrei trovato il solito tizio che prende il treno, probabilmente un pendolare. Avrai preso il solito autobus, acquistato il Manifesto…

Invece arrivo alla ferma e c’è una ragazza, jeans e scarpe da ginnastica di tela bianche. La borsa a tracolla, una giacca stretta si fianchi e qualche sacchetto. L’ i-pod. Mi chiedo come facciano i giovani a passeggiare senza percepire i suoni della realtà, isolati in quel rumoroso spazio-tempo così distinto, ci ho provato, quasi sempre senza successo.

Fuma. Ah, il fumo…. Ho smesso nove o dieci anni fa ed ancora oggi ne ho voglia, a volte.

Quante cose ho smesso da allora, e di quante ancora oggi ne ho voglia.

Non c’è vento ma il fumo viene verso di me. Sempre così, il fumo va sempre verso qualcuno. Non mi infastidisce, ma come mai mi cerca? Su questo ho una bella teoria: moti convettivi. Il mio corpo scalda l’aria che sale risucchiandone altra intorno ed attirando il fumo. Sarà vero? Ne dubito.

Arriva l’autobus, saliamo. Lei si inciampa con una delle borsette. Ma che se ne fa di tre borsette distinte? Donne!

L’autobus mi racconta la strada, mi aggiorna sulla prossima fermata, cosa posso trovare li attorno se dovessi scendere. Che palle, come quelli di Milano. Utile, ma fastidioso.

Fastidioso come il mio viaggio. Vado a Milano per incontrare delle persone. Un collega ha organizzato il tutto. Ha un ruolo importante nell’azienda, e siccome vive a Milano ha fatto aprire lì un ufficio. A due passi da casa sua, in un appartamento di sua proprietà. Lo conosco da almeno vent’anni ma siamo colleghi da pochi mesi. Mi è indigesto.

Incontrerò persone con le quali lui ha già definito tutto, ma ha bisogno della mia “benedizione” per evitare di assumersi una responsabilità. Eppure con tutti quei soldi che guadagna dovrebbe.

Quindi mi propineranno una quantità mostruosa di aria fritta. Si presenteranno in tenuta da manager, giacca e cravatta, camicia con le iniziali, scarpe griffate, orologio prezioso. Ed io?

No, mi son rotto le palle di mettermi giacca e cravatta. Jeans, camicia e scarpe da ginnastica. Che cazzo me ne frega, sono loro che devono convincere me. E così li metterò in imbarazzo, almeno spero. Anzi, tirerò fuori il Manifesto, facile che questi sian tutti berlusconiani.

E poi? E poi per il bene dell’azienda, dei miei colleghi, delle loro famiglie, delle mie famiglie, gli ascolterò ed accetterò le loro proposte. Magari con qualche piccola (ma spero fastidiosa) modifica. Giusto per non dargliela vinta facile. E poi riprenderò il mio treno per tornare a casa.

Quasi del tutto inutile come viaggio se non fosse che aspetto una telefonata. Spero non invano. Una mia amica, una persona alla quale tengo e con la quale ho partecipato alla realizzazione di un bel progetto, una compagna. Una compagna gravemente malata alla quale ho fatto un torto, un grave torto in nome di una giustizia proletaria e rivoluzionaria da quattro soldi. Forse necessario, forse utile, ma non certo da fare a lei.

Spero mi chiami, così forse avrò modo di scusarmi ed espiare un po’ della mia colpa.

Fuori c’è il sole. Ma non doveva piovere? Le previsioni giuravano che avrebbe piovuto. Mi sa che oggi saranno molte le cose che non andranno come previsto. Forse sarà meglio.

Stavo per dimenticarmi, il titolo. Peggio di così non si può: Milano. Senza offesa, Milanesi ma come fate a vivere in quella città?