[wpaudio url=”http://www.jaconet.org/wp-content/2008/09/Falling_Rain_smooth_ja.mp3″ text=”Chris Mason battery group – Falling Rain “]

La bufera si era esaurita e tutto l’equipaggio si mise al lavoro per rimettere la nave in condizione di navigare nel minor tempo possibile. Le vele danneggiate furono sostituite o riparate mentre la navigazione procedeva grazie al motore.

Si sa che le avversità consentono di creare o rinforzare i legami tra coloro che le condividono e così accadde anche per la donna. Ormai, ed erano trascorsi solo pochi giorni, era diventata quasi un membro dell’equipaggio; persino il nostromo era riuscito a dirle che non aveva mai realmente pensato che le donne a bordo portino sventura e si era anche scusato di aver fatto una simile affermazione.

Aveva ancora la medicazione sul capo e questo la faceva apparire fragile e la ciurma si prodigava per aiutarla, evitarle le fatiche e rendersi utili a lei per qualunque cosa. Aveva fatto amicizia con l’infermiere col quale trascorreva volentieri un po’ di tempo quando lui andava a controllare la ferita e cambiarle la medicazione.Frequentando i marinai, Anihsa cominciava a sospettare che non si trattasse di pirati. Si capiva che avevano un codice d’onore molto preciso e che trovassero la forza per superare fatiche, come quelle causate dalla bufera, in un ideale comune.

El Morro osservava quello che accadeva in modo all’appetenza distaccato, in realtà si sentiva profondamente in colpa per quello che aveva fatto: strappare quella donna dalla sua solitaria vacanza e portarla prigioniera sulla sua nave. Ma sebbene si dispiacesse di ciò, rimaneva convinto che in realtà fosse stata quella donna a volerlo. Per questa ragione cercava di ridurre al minimo le occasioni di incontro con lei. Quando però Anihsa le si fece incontro in modo deciso non poté defilarsi.

“Senti Morro”, iniziò risoluta, “voglio parlare con te. Ho alcune domande da farti, non ultima quella sulle tue intenzioni nei miei confronti.”

“Bene”, le rispose pacatamente, “questa sera a cena.” Fece questa affermazione fissandola negli occhi con tale intensità che lei rimase del tutto senza parole per cui si voltò e se ne andò rapidamente.

All’ora di cena Anihsa bussò alla porta della cabina del comandante che la fece entrare con cortesia. La fece accomodare e scherzò: “Il cuoco è a riposo oggi: pasto freddo e birra!”. Anihsa sorrise e questo stemperò un po’ la tensione che c’era tra i due.

Fu El Morro ad iniziare a parlare. “Prima che tu inizi a farmi le tante domande che hai detto di avere, devo dirti io alcune cose. La più importante è che sono profondamente dispiaciuto per averti rapita e che appena arriveremo sull’isola organizzerò le cose perché tu possa essere portata al più presto possibile dove desideri. E su questo non ci sono discussioni.” La donna lo osservava in silenzio mentre parlava, notando che per la prima volta sembrava che il pirata fosse in imbarazzo e che reggesse la situazione con qualche difficoltà.

“Voglio anche spiegarti”, continuò, “il perché del rapimento. Quando ti ho vista, nella penombra in quella stanza d’albergo di Boavista, ho visto nei tuoi occhi la stessa luce che brillava in quelli di una donna che è stata unica nella mia vita. Questa è stata la ragione, insieme a quel tuo ‘non avrai mai il coraggio di…'”

Anihsa lo interruppe, voleva essere certa di capire quello che le stava dicendo: “Aspetta, è vero: ti ho provocato e l’ho fatto consapevolmente, quindi assumiti pure tutte le responsabilità che vuoi, ma non le mie.” Fece una pausa, poi si fece coraggio e disse: “La donna di cui parli… ne parli come se non ci fosse più. Ho visto qui fuori una foto nella quale ci sei tu con accanto una ragazza, stai parlando di lei, vero?”

“Si”, disse con commozione, “sto parlando di lei. Ed hai ragione, non c’è più. Quella foto e l’ultima immagine che mi rimane di lei e se ora sono quello che sono, lo devo quasi esclusivamente a lei. Si chiamava Marisol e morì pochi giorni dopo che fu scattata quella foto.”. El Morro cercò di mandare giù il groppo che aveva in gola con una bella sorsata di birra, ma la cosa gli riuscì solo in parte.

Anihsa approffitò della pausa per chiedere: “Eravate sposati da molto?”. Non appena pronunciò queste parole, anche per il tono della voce con la quale le uscirono, si sentì profondamente sciocca ed imbarazzata: avrebbe voluto non averle mai dette.

El Morro quasi si soffocò con la birra che stava bevendo e dopo aver tossito intensamente, ridendo disse: “Ah, voi donne siete speciali per fare queste gaffe. No, non eravamo sposati. Era mia sorella maggiore! Su, brindiamo alla sua salute!”

La sfortunata uscita della donna ebbe il merito di rendere l’atmosfera molto più amichevole, il che giovò alla conversazione.

“Forza, spara le tue domande.”

Anihsa si fece coraggio e cominciò: “Alla prima, sulle tue intenzioni, hai già risposto tu. Vorrei sapere dove siamo e dove diretti, quanto tempo impiegheremo per arrivare a destinazione”. Era chiaro che lei aveva in mente ben altre domande e che stava cercando il coraggio per porgergliele.

“Siamo sull’oceano atlantico, nord atlantico, e siamo diretti verso i caraibi, precisamente verso un isola che si chiama Virgin Gorda nelle Isole Vergini Britanniche. Lì abitano le famiglie dell’equipaggio ed è la nostra base. Ti starai chiedendo come fanno dei pirati ad avere una base… Il fatto è che noi non siamo pirati. Ufficialmente trasportiamo prodotti agricoli “biologici”, seguendo le rotte tradizionali che percorsero secoli fa Colombo, Vespucci e per quanto possibile usando esclusivamente energia rinnovabile . Per questo non abbiamo bisogno di nasconderci.”

“Ma ho visto armi qui nella tua cabina”. Lo interruppe la donna dimostrandosi particolarmente interessata ai racconti del comandante.

“Certo! Quando vai per mare non sai mai chi puoi incontrare, i pirati esistono veramente ma non sono come quelli raccontati nei romanzi d’amore. Non guardano in faccia nessuno, pur di impadronirsi della nave ed ottenere un riscatto, sono disposti a qualunque bassezza e crudeltà. E poi abbiamo anche un’altra attività. Di questo però non posso parlartene, una volta che tu ne fossi a conoscenza, non potresti più lasciarci. Questa è la regola e non può ammettere eccezioni. Ne va della sicurezza di tutti”.

Trascorsero il tempo mangiando, con Anihsa intenta ad ascoltare la descrizione che l’uomo le faceva dell’isola, del villaggio dove vivevano insieme. Le loro famiglie si dedicavano alla produzione con metodi biologici di vari prodotti alimentari, allevavano bovini ed ovini lasciandoli liberi di pascolare e riconducendoli nelle stalle solo per la notte. Erano autosufficienti dal punto di vista energetico grazie a centrali eoliche e ad alcune installazioni di pannelli fotovoltaici.

El Morro appariva illuminato in volto mentre le raccontava queste cose ed era chiaro che fosse estremamente orgoglioso di essere parte di quella realtà.

Poi venne la volta delle sue domande: “Posso chiederti che ci facevi da sola in quell’albergo?”.

Anihsa sospirò prima di rispondere. “La mia vita non è stata rose e fiori, lungo la mia strada ho sempre incontrato le persone sbagliate. E così mi sono ritrovata sola e, dopo l’ultima delusione, avevo deciso di prendermi una pausa dal mio mondo, trascorrendo un po’ di tempo con me stessa per cercare di raccogliere le forze e ricominciare.”

“Possibile, Anihsa? Non ti conosco bene, ma direi che meriteresti di più di quello che hai avuto”

“Evidentemente non sono abbastanza meritevole!” Disse con sarcasmo “E poi, comunque, non mi chiamo Anihsa. Dato che la mia vita è tutta il contrario di quello che mi aspettavo, ti ho detto il mio nome alla rovescia. Stupido, vero? Mi chiamo Ashina. O meglio questo è il nome che mi è stato dato un giorno e siccome mi è piaciuto me lo sono tenuto. D’altra parte, nemmeno tu ti chiami El Morro o Morro o quel cavolo che è!”

“Certo, certo.” Rispose rapido El Morro, prima che la donna si scaldasse ulteriormente. “Ognuno ha il diritto di darsi il nome che preferisce. Ma mi avevi accennato che riguardava un’osteria o una taverna…”.

“Si”, tagliò corto lei , “è vero, ma non sono ancora pronta per affrontare con te certi ricordi.”

Il loro dialogo fu interrotto dalle grida del marinaio di guardia: “Terra! Terra!”

La nave era ben equipaggiata con strumentazione di navigazione moderna, ma la loro filosofia era quella di cercare di usarla il meno possibile. E poi, sentire quel grido scaldava sempre gli animi e dava gioia, gratificando, almeno in parte, le fatiche del viaggio.

Uscirono in coperta e scorsero in lontananza, nel buio della notte, le luci di una città.

“Quella è Virgin Gorda?”, chiese Ashina. El Morro, con un sorriso le disse: “No, arriveremo a destinazione domani pomeriggio. Quella è Anguilla.”

Restarono ancora un po’ lì a godere di qulle piccole luci e dell’aria fresca. Poi Ashina salutò ed andò a coricarsi lasciando El Morro al suo turno di guardia.