Etica d’estate

E’ di qualche tempo fa la notizia apparsa sul quotidiano di Trieste (Il Piccolo), di uno studente che, presentatosi ad un ‘esame universitario in ciabatte e pantaloni corti, è stato “cacciato”.

Come sempre accade in questi casi, soprattutto in una città che ancora oggi risente del fatto che  “L’Austria era un paese ordinato” , ne è venuta fuori una piccola querelle, subito smorzatasi, se non altro per il periodo caldo e vacanziero.

Ciononostante la questione rimane. Supponendo la buonafede delle parti, lo studente non intendeva provocare o mancare di rispetto ed il professore non intendeva reagire ad una provocazione, rimane lo storico dilemma forma-sostanza. Apparentemente.

Dal punto di vista del professore (e di che lo sostiene nell’articolo) la questione non si è nemmeno posta: la valutazione si è basata esclusivamente sull’aspetto esteriore valutando che la persona così abbigliata non era adeguata a sostenere l’esame. In effetti non si è trattato di una valutazione di merito sulla persona, ma sul suo aspetto. Lo studente, dal canto suo, ha valutato male il professore poiché ha ritenuto che sarebbe stato misurato sulla base della sua preparazione, cosa che non è accaduta, proprio per il fatto che il professore non si è interessato alla persona ma al suo aspetto.

Supponiamo per un momento che i personaggi siano gli stessi, ma che cambi qualche dettaglio del contorno. Immaginiamo che l’esami sia sarebbe svolto al buio. Non è un dettaglio? Va bene. Supponiamo allora che mentre lo studente stava entrando il professore si fosse girato, educatamente, per soffiarsi il naso e che il ragazzo si fosse nel frattempo seduto. Il professore non si sarebbe accorto dell’abbigliamento e l’esame sarebbe andato avanti. La valutazione, dunque, avrebbe preso in considerazione le conoscenze dello studente e, in linea di principio, avrebbe potuto superare l’esame col massimo dei voti.  E’ plausibile. Ma incredibilmente deprimente: l’esito di un esame universitario dipende dal muco del professore.

Tutto questo ha a che fare con l’etica, anzi con un suo prodotto secondario, ovvero l’etichetta. Qui si che c’è un bel dilemma forma-sostanza, dove la prima è l’etichetta e la seconda l’etica.  Si fosse trattato di una questione di etica, si sarebbe potuto accettare il fatto, ma che per questioni di etichetta sia stato impedito di svolgere un esame mi sembra inaccettabile: l’etichetta null’altro è se non uno strumento nelle mani di chi vuole imporre un’etica, la quale, proprio per la necessità di essere imposta, risulta per lo meno discutibile.

Quindi, purtroppo,  il professore ha dato ben piccolo servizio allo studente ed all’istituzione scolastica stessa.