La necessità del dissenso poiché l’ordine non sia (e non lo è) un valore.

Guardo i video della protesta degli studenti a Roma sparsi in rete e la sensazione che ne traggo è quasi di sgomento. Perché? C’è: il caos.

Quello che turba è l’assenza di ordine, importante a tal punto che le polizie vengono chiamate “forze dell’ordine”.

In effetti, in natura quasi tutto è caos e tutto tende al caos. L’ordine lo introduciamo noi, che altrimenti non riusciremmo a superare la nostra incapacità di comprendere le cose.

Se non ci fosse disordine e casualità non ci sarebbe evoluzione.

E a livello sociale? Intuisco che sarebbe la stessa cosa. Ma anche se non fosse così, non cambierebbe il fatto che l’ordine in sé non è un valore. E, quindi, ogni volta che ci viene proposto come tale, è necessario dubitare poiché molto probabilmente ha lo scopo di non farci pensare, di distogliere la nostra attenzione dal concetto principale e di forzarci a considerare che la sostanza (oggetto della protesta) è seconda alla forma (modo della protesta).

Da qui deriva la fondamentale importanza del dissenso: tanto più sarà intenso, tanto più sarà possibile squarciare il velo dell’ordine e far emergere la sostanza.

La violenza è una diretta (e necessaria) reazione al tentativo di impedire la manifestazione del legittimo dissenso, mascherando questa intenzione con la conservazione (assolutamente non necessaria) dell’ordine.

Non vi è nulla di più limitante della libertà  che l’imposizione dell’ordine e per questo va rifiutata.

Una società che fa bandiera dell’ordine è una società fascista: vieta le manifestazioni di dissenso educando a manganellate e, perché no, olio di ricino.